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Punteggiatura… mon amour!/2

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La punteggiatura come spartito del pensiero

“Nel momento della lettura, il lobo temporale si attiva per analizzare tutti i suoni associati alla lettura; anche se si legge silenziosamente, le zone del cervello che elaborano i suoni del parlato sono attive come se si stesse ascoltando leggere qualcun altro” (Sebastian Wren, The Brain and Reading, in Aidan Chambers, Siamo quello che leggiamo).

Se non separo l’esperienza della lettura dalla letteratura, non posso che attraversare il testo con il corpo della mia voce e di ciò che questa crea come immaginazione sonora e visiva, sapendo di essere dentro l’esperienza viva del linguaggio come sistema organizzatore di senso.

Ritmo

In un saggio del 1951, da cui prende avvio la riflessione di Henri Meschonnic, compiutamente espressa in Critique du rythme, dove il ritmo è una forza trasversale ai generi che descrive l’andamento del flusso del discorso, Émile Benveniste approfondisce la nozione di ritmo, delineando la nascita del significato moderno con Platone che applica per la prima volta il termine alla forma del movimento che il corpo umano compie nella danza. Nasce il concetto di armonia, di schema, ma l’origine etimologica (il verbo greco ῥέω, scorrere) era stata essenziale per Eraclito che vedeva un universo in cui le particolari configurazioni delle cose in movimento si definivano alla stregua di “flussi”.

“Il ritmo in questa accezione, designava la forma nell’attimo in cui era assunta nel suo muoversi, la forma improvvisata, momentanea, modificabile” (Émile Benveniste, La nozione di ritmo nella sua espressione linguistica, in Essere di parola, p. 171).

Dentro una riconsiderazione del ritmo come struttura e non come fenomeno codificato dalla periodicità e studiato in base a regolarità e irregolarità, la prosa moderna e contemporanea appare dominata dalle istanze dell’oralità che vanno in direzione di una valorizzazione del ruolo melodico della punteggiatura e che hanno come obiettivo di inscrivere nel testo il ritmo della voce che narra (cito liberamente da Elisa Tonani, Punteggiatura d’autore, p. 15).

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Ed è soprattutto la virgola che invita a raccontare, a spendere il fiato cavalcando l’onda del pensiero – dando vita a testi descrittivi con l’anima dell’elenco, come questo, scritto da Rocco, 12 anni, che ha una grande passione per gli squali:

Esistono molti tipi di squalo, tipo lo squalo bianco, lo squalo tigre, lo squalo topo, lo squalo azzurro, lo squalo volpe, lo squalo goblin, lo squalo zebra, lo squalo elefante, lo squalo balena, lo squalo gigante, o megalodon, lo squalo sega, lo squalo martello, e questi sono tutti squali che stanno nel mondo, però il mio grande sogno è di nuotare con gli squali, nel mare, poi di accarezzare uno squalo bianco e poi di cercare il megalodon, non come nei documentari, ma andando nel fondo del mare.

Oppure questo di Marco, 13 anni, dove la narrazione fantastica spinge al non senso, all’enumerazione caotica e al gioco linguistico:

C’era una volta Ermenegildo, un ragazzo che viveva in un castello con il trisnonno Mungus, zio del re di Mambretona che era il padre del nipote, della zia, del cugino, di quello zio ubriaco che viveva con il nonno, che era anche visconte, maresciallo, ciambellano, che nessuno sa cos’è, e aveva insegnato nella scuola dove il fratello di Ermenegildo studiava la storia, la matematica, la filosofia, il galateo, l’arte, la spada e il cavallo, che aveva anche un fratello cavallo che, purtroppo, era finito nella macelleria dello zio Ernest che era anche spazzino, cameriere, usciere, dama di corte e annunciatore del re, padre di Basalta, principessa dei fiori, delle foglie, degli alberi, dei pony, dei cavallucci marini e di Antontua suo fidanzato nonché barone del duca di Mambretona, città dello stato della Trinopolia, paese più strampalato del mondo.

Quando riusciamo a sentire la fisicità del linguaggio è perché sentiamo il movimento del pensiero, il fluire del corpo linguistico che è un insieme coeso di elementi fonici, sintattici, metrici e prosodici.

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Abbiamo così forzato alcuni segni possibili del discorso, partendo dal senso – quando ci siamo sentiti importanti e necessari, quando ci siamo assunti delle responsabilità? – e ne sono venuti fuori testi dominati dal punto fermo e da quella punteggiatura bianca della pagina che mette in gioco campi di forze in presenza, a costruzione di un paesaggio (anche) psicologico, come scrive ancora Elisa Tonani (ideatrice del Festival della Punteggiatura ligure, arrivato alla sua terza edizione).

Come in questo passo di La primavera di Gordon Copperny Jr. di Matteo Cellini:

CELLINI

Ecco la prova di Erica, 13 anni:

Dicembre. Era dicembre. Mia nonna stava male e io avevo paura. Ora toccava a me. Volevo aiutarla.
Mia mamma era affranta. era stanca. Dovevo stare vicino a mia nonna. Mi bastava solo stare con lei.
Mancavano pochi giorni. Il suo giorno sarebbe arrivato. Io in quel momento mi sono sentita importante.
Le raccontavo storie. Le raccontavo ciò che sentivo in quel periodo.
Facendo così, lei se ne è andata.

I puntini di sospensione, insieme al punto esclamativo e interrogativo, animano la funzione emotivo-intonativa della punteggiatura, restituendo il clima emotivo della comunicazione grazie alla modulazione dell’intonazione o anche alla sua mancanza, alla perplessità che può diventare perdita di voce (fino al balbettio) e segno della perdita d’identità come accade nelle Mosche del capitale di Paolo Volponi:

volponi

I puntini di sospensione hanno due funzioni preminenti, quella omissiva, l’assenza di una parte di di testo (“puntini puntini puntini” si dice anche in contesti del parlato, e mi viene in mente la figlia nel film ispirato al musical degli Abba, Mamma mia!, che nel diario della madre, in sostituzione della descrizione della notte d’amore, legge, appunto “puntini puntini puntini!”), e quella sospensiva che indica un non finito (e le ragioni del non finito del testo possono essere diverse: attesa, imbarazzo, perplessità, pausa del parlato ecc.).

Abbiamo letto la storia del Grinch del Dr Seuss poiché è esattamente un momento di attesa tradita che cambia radicalmente la natura del personaggio: il Grinch è tutto orecchie, aspetta di ascoltare urla e pianti per la mancanza dei regali e invece… arrivano i canti di giubilo, la festa è arrivata lo stesso, e lui deve fare i conti col suo cuore troppo piccolo per cogliere la verità sul che cosa sia il Natale.

GRINCH

I ragazzi hanno lavorato sull’attesa intesa come meraviglia, per lo più, qui mischiata alla perplessità, a un disorientamento:

Io vivo in Italia da circa nove anni e di mio padre non mi ricordo molto, infatti quando avevo tre anni dal Brasile sono venuto in Italia con mia mamma e il mio nuovo padre, un giorno mi suonò il telefono, io risposi e sentii una voce famigliare era la voce di mio… padre (Rian, 13 anni)

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Nel suo Diario, Hetty Hillesum, scrive dell’uomo che ama, S., che le sue lettere sono così belle perché finiscono sempre con un punto di domanda.
Il punto di domanda è l’architrave del senso della parola, quando si pensi che ogni atto di parola è un modo di collocarsi rispetto all’altro nell’ambito di un “Chi sei per me, chi sono per te […]. Se posso credere l’altro più sulla parola che su prove è soltanto perché il rapporto di posizione che ci lega fa parte di certe nostre rappresentazioni condivise: dato ciò che egli è per me e ciò che io sono per lui, la sua parola non può ingannarmi senza che egli si sminuisca ai miei occhi” (Roland Barthes, François Flahault, Parola, in Enciclopedia, Torino, Einaudi, 1982, p. 434).

Credo che la domanda sia un ponte visibile di questo reciproco posizionamento dei soggetti all’interno del discorso, e ne abbiamo costruiti diversi, di questi ponti, a partire dal quaderno di “domande” che scrive il papà della protagonista de la Bambina fulminante di Paolo Nori:

punteggiatura NORI

Domande di cui non sentiamo l’urgenza della risposta e domande a cui invece vorremmo con tutte le forze trovare  una risposta.

Come facciamo a correre a gambe levate?

Quanti iscritti ha il canale della Manica?

Perché certi genitori fanno figli anche se sanno che dopo un annetto o due si lasceranno?

E, in mezzo, il lavoro sulla funzione fatica del linguaggio, che spesso si siede sulla possibilità della domanda aperta, disinteressata alla risposta perché interessata unicamente a mantenere viva la comunicazione con lei/lui (come nello scambio di sms tra Marion e Kev, protagonisti di Dieci lezioni sulla poesia, l’amore, la vita di Bernard Friot)

Le chiedo sempre la professoressa che le piace di più, quella di meno, chi ha la prima ora. Alcune volte faccio delle battute, ma subito dopo mi sento un idiota per quello che ho detto. Nei momenti di silenzio mi sento in imbarazzo (Gabriele, 13 anni).

(…)

E poi c’è tutto quello che può essere scritto tra parentesi, con un arco di possibilità pressoché infinite di resa espressiva tra informazioni date e incursioni della voce che narra sul narrato, siamo partiti da Stephen King, La bambina che amava Tom Gordon:

KING

E questa è Zina, 13 anni:

Il giorno che ci conoscemmo c’era la luna, limpida e gloriosa, tutti dicono che la luna sia il simbolo degli innamorati (la luna piena naturalmente). La spiaggia era silenziosa, ma in quel silenzio c’era la confusione più totale, il mio cuore stava impazzendo, pompava il sangue più veloce che mai (mi sembrava di svenire). Il tempo passava lento, perché? perché mi sento così strana e scombussolata? (l’amore è un sentimento inopportuno) dopotutto neanche Dante e Boccaccio riuscirebbero a spiegarlo.

I segni interpuntivi attraversano il dominio del testo mobilitando a favore del racconto risorse di ogni tipo, poi ci sono maestri che riescono a dare vere e proprie indicazioni di scena con la punteggiatura, mettendo in pagina i movimenti del corpo del personaggio, la fatica e il tempo necessario a guardarsi allo specchio di sbieco e il colpo d’occhio, esitante e infine sicuro della presenza dell’ultimo dettaglio.
Un prodigio che fa Gadda ne Un inchino rispettoso:

GADDA

 

[L’immagine della copertina è un dettaglio di Lite, opera di Josef Hiršal e Bohumila Grögerova (1968)].

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