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Gianfranco Sarfatti (Gaddo), una storia della Resistenza

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25 aprile, festa della Liberazione

Anche quest’anno, per raccontarvi la Resistenza, non partiamo da un libro, ma vi invitiamo a leggere la lettera di Gianfranco Sarfatti, nato a Firenze nel 1922 e caduto durante un rastrellamento in Val d’Aosta il 21 febbraio del 1945.

Qui Sarfatti scrive ai suoi genitori, il giorno prima della partenza per unirsi alla lotta di liberazione.

Come per Giorgio Mainardi, abbiamo trovato la sua storia in Ultime lettere di condannati a morte e di deportati della Resistenza italiana, un archivio virtuale di grande importanza per la nostra memoria storica.

Trovate la biografia di Gianfranco Sarfatti e la sua lettera completa qui. 

La lettera

Svizzera, 13 agosto

Papà carissimo, Mammina carissima,
oggi ho fatto tutti i preparativi e ho presi tutti gli accordi: soltanto ora ho qualche momento di tranquillità prima che vengano altri due compagni coi quali passerò questa tranquilla notte di vigilia.
Così non vi scrivo che due parole. Sapete già che faccio quello che faccio non per capriccio o per spirito di avventura: il mio modo di vivere e il perché del mio vivere da molti mesi non cerca di essere che un tuffarsi nell’umanità partecipando alla sua vita, dura o lieta che sia.
Se non agissi così rinnegherei me stesso, rimarrei privo di guida, avvilito, annientato: e quindi rinnegherei anche voi stessi che mi avete dato vita e educazione.
Forse non poche volte vi sono parso non comprensivo verso le vostre ansie e i vostri tormenti; ma in realtà li comprendevo pur bene. Anche ora li comprendo e li vivo fino in fondo, ma non posso non seguitare per la mia via: che è la via che voi mi avete sempre insegnata. Pensate che mentre sembra che tutto il mondo crolli e che le rovine debbano sommergere tutto, i vostri figli, per vie diverse è vero, guardano al futuro e alla ricostruzione futura dando a questa tutte le loro forze.
Voi soffrite: ma milioni di genitori sono stati e sono tutt’ora in ansia; e questo non deve più essere.
E come io ho riconosciuto il vostro dolore nel dolore di tutti i padri e di tutte le madri sofferenti, voi dovete riconoscere i vostri figli in tutti i bambini e in tutti i giovani che sono nati in questo mondo travagliato.
Vi scongiuro di stare tranquilli il più possibile; di lottare contro la tristezza; di essere fiduciosi, ché sarà cosa breve; di controllare i vostri nervi; di curare il vostro fisico; di serbarvi a me e ai miei fratelli, ché il ritornare fra le vostre braccia sarà per me una delle più belle ricompense.
Adesso qualche dichiarazione (vi do la mia parola di uomo e di figlio che non mento né esagero):
1º) È un’organizzazione seria, non una ragazzata o un’organizzazione di scapestrati.
2º) Vado in una estesa regione completamente controllata dai nostri. Gente che vien di lì ha detto che il vitto è buono e sufficiente; l’alloggio è confortevole (si dorme generalmente su materassi); l’equipaggiamento è anch’esso buono. Insomma è qualche cosa di molto vicino a un esercito regolare: e se non sarò armato ed equipaggiato come un anglo-americano, sarò certo più aiutato e nutrito di quanto non lo siano stati i nostri soldati sulle Alpi o in Grecia.
3º) La questione razziale non mi porterà affatto pregiudizio.
4º) Almeno per ora prevale l’azione di preparazione e di addestramento specialmente per le reclute.
5º) Farò una parte del viaggio niente popò di meno che in autocarro.

Ho saputo che uno malato di ulcera può seguire la dieta adatta.
Inoltre vado via con abbastanza roba: Michelino mi ha dato sacco da montagna e dei buonissimi indumenti di lana: forse ho un po’ abusato ma non ho avuto scelta: andare senza sarebbe stato un po’ disastroso.

[…]

14 mattina
Ancora un abbraccio prima della partenza.
G

(lettera pubblicata in Ultime lettere di condannati a morte e di deportati della Resistenza italiana – http://www.ultimelettere.it –, on line dal 26 aprile 2007, INSMLI)

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