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“Prima di me”, Luisa Mattia e Mook

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Prima-di-me

Il mondo era così recente, che molte cose erano prive di nome, e per citarle bisognava indicarle col dito

G.G. Márquez, Cent’anni di solitudine

Pensavo a Prima di me (Luisa Mattia, Mook, Topipittori), a quanto possa essere difficile scrivere di un albo così immediato ma allo stesso tempo così complesso da raccontare, perché parla di un qualcosa difficilmente esprimibile con forme e parole, eppure comune a tutti noi, nessuno escluso. Poi, un po’ per caso, mi è venuto in aiuto Márquez con l’incipit di Cent’anni di solitudine e la freschezza di un mondo in cui le cose sono nuove, prive di nome, da indicare, appunto, con un dito.

Trovandolo tra gli scaffali di una libreria, è naturale che gli occhi e le dita corrano subito a quest’albo, grazie prima di tutto ai colori e alle illustrazioni di Francesca Crisafulli e Carlo Nannetti (ovvero Mook). Prima ancora di entrare nella lettura, colpisce la vitalità e la leggerezza delle illustrazioni, ci si sente senza peso, si può volare tra le figure, girarci intorno e attraverso tra gli spazi bianchi prima che esplodano nei colori. Forse, senza rendercene conto, ci ritroviamo a nuotare nel liquido amniotico, in un ventre però dove è già presente il mondo intero, si rincorrono gli elementi e cominciano a far capolino anche i sentimenti.

Tra le forme, le parole di Luisa Mattia sono quelle di un bambino, una vita che sta per arrivare e ha in sé tutta la meraviglia di chi osserva, scopre, sente, si stupisce, tutto per la prima volta. Prima del suo arrivo, altre nascite, altre scoperte, altre prime volte.

Ogni nascita, con la paura e la gioia che a braccetto l’accompagnano, è accolta da un canto corale che comprende tutto il Creato. Dimentichiamo, tra le ombre piccole o grandi di ogni giorno, come per ogni nascita si ripetano tante piccole prime volte che rendono ogni volta il mondo un mondo nuovo. E tra le tante prime volte, una delle più grandi è certamente la parola. Prima ancora di poterlo pronunciare, comincia tutto con un nome, quello che ci viene dato e che segna il nostro ingresso nella vita. È come se il nome stesso fosse necessario all’esistenza (e non è certo un caso ritrovare la denominazione nel libro della Genesi, uno dei più grandi privilegi che potesse esser concesso all’uomo: “[…] in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome”).

La parola e le illustrazioni ci riportano poi a un altro tipo di “nascita”, quella della creazione artistica, ed è proprio una nuova e bizzarra creatura a presentarsi a noi alla fine del viaggio.

Dove, dato l’argomento, la capacità narrativa poteva venir meno, la scrittura poetica di Luisa Mattia viene in aiuto alle parole e l’astrattismo viene in auto alle figure. Il risultato è un albo gioioso per gli occhi e per le orecchie.

Per conoscere la storia del processo creativo dietro le illustrazioni dell’albo, vi consigliamo di leggere l’intervento di Francesca Crisafulli che parla del suo lavoro con Carlo Nannetti, nel blog Topipittori.

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