Un libro pop non mi era mai capitato. Un libro pop ti fa fare gulp e poi ti proietta in un una dimensione parallela, un po’ cartoon, un po’ Luna Park, un po’ Humphrey Bogart (che per le girl di oggi è come dire nell’atmosfera vecchia di un film americano in bianco e nero, con un eroe freddo e tenebroso e forte). Pop al pomodoro, di Margherita Loy e Rosetta Loy (Gallucci Editore) è un “libro pop” che inizia con la storia di un ragazzino foruncoloso e talentuoso di nome Andrew Warhola, (ah sì, quello che diventerà Andy Warhol) e ti fa credere di essere dentro una biografia, intelligente, briosa, ma pur sempre una biografia, del grande inventore della popular art e poi, invece, giri pagina e ti sorprendi su un’auto che sfreccia veloce, tra una bionda in pelliccia e un accompagnatore dal ghigno maschio, impomatato e incravattato e mentre lei e lui si mettono d’accordo per una cena, eccoti all’improvviso fuori, all’angolo di una strada molto americana, di notte, a spiare dietro le vetrate di un bar un uomo che fuma e una donna appoggiata al bancone.
Giri di nuovo pagina e c’è Superman, lanciato in volo insieme al suo ologramma; prosegui: centinaia, migliaia di bottiglie di Coca Cola, tutte in fila su uno scaffale, uguali e diverse per un solo particolare e, dopo, la zuppa al pomodoro Campbell’s, bianca e rossa, poi un frigorifero rosa in una cucina pulita e perfetta, proprio uguale alla scenografia perfetta, da casalinga felice degli anni Cinquanta, che l’infelice Betty Warren inscena in Mona Lisa Smile.
Pop al pomodoro è un album illustrato che propone le opere degli artisti che hanno anticipato e creato la Pop Art ai bambini e ai grandi come me, che, queste opere, le hanno davanti agli occhi, ma poco ne sanno: pagina dopo pagina si susseguono, come le strisce di un fumetto, le riproduzioni delle opere di Edward Hopper e dei suoi quadri di vita americana, quelle del padre della Pop Art, Andy Warhol, quelle di Jasper Johns, quelle di Roy Lichtenstein e dei suoi dipinti-fumetto.
Immagini, ragazzi, che, voi non lo sapete, vi stanno dentro come i geni del DNA, tracce di una cultura popolare che ha radici tenaci, quella del sogno americano, della società dei consumi e delle sue immagini, che si è depositata in voi attraverso i vostri nonni e i loro miti e dai vostri nonni è passata alle vostre madri e infine a voi: la Coca-Cola, i corn flakes, le donne e gli uomini vitaminizzati belli e felici, la bandiera americana… Sogni che la Pop Art, fissando, ingigantendo, replicando nelle immagini esalta e schiaccia come un tubetto, per farne schizzar fuori la vena fittizia, vacua o, semplicemente, per giocare con l’arte.
È un album che ti restituisce un poco di quella misteriosa aura del mondo di Andy Warhol, quell’aura che non è mai diventata un genere di consumo, ma un pezzo del nostro immaginario…