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La vocazione teatrale del piccolo Goethe

L’amore di Goethe per il teatro nasce da un regalo speciale, esattamente come accade al protagonista del suo bellissimo romanzo, Wilhelm Meister.
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Il Natale del 1753 non fu certo un Natale qualsiasi per il piccolo Goethe.

Prima di diventare uno dei più grandi scrittori mai esistiti, Johann Wolfgang von Goethe era solo un bambino curioso, pieno d’interessi e di fantasia, che amava suonare, studiare, disegnare. Leggere, soprattutto. Assieme alla sorellina Cornelia infatti, un anno più piccola di lui, passava interi pomeriggi immerso nei libri e nei mille mondi che le loro pagine dischiudevano. La bella casa di Francoforte in cui abitavano, si trasformava così in un regno incantato per i due affiatati compagni di giochi.

Il 25 dicembre del ’53 una nuova passione stava per travolgere l’ancora ignaro quattrenne Johann. La nonna, che si chiamava Cornelia anche lei, aveva in serbo un regalo davvero speciale per il suo nipotino preferito: un teatrino di marionette, tutto per lui.

Goethe ricorda questo regalo nella sua autobiografia come un evento davvero speciale e altamente significativo, tanto da riproporlo nel suo romanzo intitolato La vocazione teatrale di Wilhelm Meister.

Nei primissimi capitoli del romanzo – incentrato sulle vicissitudini del giovane Meister, la cui vita fu segnata interamente dall’amore per il teatro – Goethe racconta l’evento che scatenò nel protagonista, ancora bambino, la vocazione del titolo.

Esattamente come avvenne per lui infatti, la nonnina di Wilhelm regalò ai nipotini – il giorno della vigilia – un teatro di marionette, i cui costumi aveva personalmente provveduto a cucire assieme alla sua domestica. Ma non si limitò a questo. Fece allestire per i bambini un vero e proprio spettacolo, chiamandoli tutti a raccolta nella sala dove, davanti ai loro occhi increduli, videro innalzarsi un maestoso sipario.

Il piccolo Wilhem si immobilizzò quasi intimorito, domandandosi quale splendore potesse nascondersi dietro il telo. I fratellini presero posto e attesero in silenzio che il sipario si aprisse e cominciasse lo spettacolo.

A differenza degli altri, Wilhem non distolse mai lo sguardo, non perse mai l’attenzione. Quando tutto finì e il sipario si richiuse, i fratelli cominciarono a barcollare stanchi, impazienti di andare a letto, mentre Wilhem, «che pure dovette fare come gli altri, se ne stava solo, turbato per quanto era accaduto, pensoso, insoddisfatto del piacere provato, colmo di speranza, desiderio e presentimento».

Non è difficile immaginare che anche per il piccolo Goethe, in quel Natale tanto speciale, le cose debbano essere andate esattamente così.      

 

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