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Il Museo Ogliari – viaggiare con la fantasia

Uno dei musei per Kid più pieno d'amore e di cura del mondo! Gratuito, vicino ad Arona, aperto tutta l'estate. Che state aspettando?

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A Ranco, un piccolo paese sul lago Maggiore a pochi minuti da Angera, esiste un posto magico dove né lo spazio né il tempo hanno più senso. In pochi attimi, infatti, si può passare da una carrozza sontuosa trainata da fieri cavalli ai tram della vecchia Milano – che non esiste più, ormai; ci si incanta col naso all’insù nelle primissime funicolari che portavano le persone fino al cielo – o almeno, così sembrava a loro; ci si sente un po’ pionieri sui treni a vapore e ci si può quasi illudere di assaporare le emozioni degli adolescenti che per primi si sono scambiati un bacio in metropolitana, quando ancora era un misterioso serpente meccanico che attraversava veloce il ventre delle grandi città, mentre il suo battito si confondeva con quello del cuore.

Questo luogo incantato è il Museo Ogliari, il museo europeo dei trasporti, voluto da Francesco Ogliari – grande intellettuale, eterno bambino, inarrestabile sognatore – per permettere a tutti di scoprire più da vicino la meraviglia dei mezzi di trasporto da lui studiati per tutta la vita, bestioni di metallo che senza chiedere niente ogni giorno danno a milioni di persone la possibilità di spostarsi. La storia dei trasporti corre veloce di pari passo con quella dell’umanità – e percorrere gli stretti vialetti del museo è quasi come rivedere dall’inizio l’avventura dell’uomo, con i suoi successi, i suoi fallimenti e i suoi eterni punti di domanda.

Il Museo Ogliari possiede quella malinconia struggente dei luoghi che cercano strenuamente di resistere al tempo e alle mille suggestioni – ben più potenti, ben più accattivanti – della modernità. Non c’è nulla di interattivo, gli automi presenti – con parrucchini improbabili e occhi di biglie – rivelano al primo sguardo il loro essere fittizi e – a dirla tutta – non prende nemmeno il cellulare, lì dentro. Nonostante questo, rimane uno dei posti che preferisco al mondo. Ogni volta che sono stanca, confusa, triste cerco di andarci. Appena varcata la soglia, mi sembra di avere inforcato un paio di occhiali magici che mi mostrano il mondo per come potrebbe essere. E allora sbircio dalle vetrine polverose delle carrozze ristorante dei treni a vapore, con una signora elegante seduta lì da sola, come in attesa – di che cosa, non è dato sapere. Scendo in miniera – con la marcia dei Sette Nani come sottofondo! – e per qualche istante mi sento girare la testa per il buio e la mancanza di corrente. Salgo in metro – è il caso di dirlo – senza pagare il biglietto, per una volta. Incontro Giuseppe Verdi che scrive arie nel bar polveroso della stazione. Faccio la conoscenza delle prime amazzoni della motocicletta, donne indomite e libere. Viaggio con la mente restando con i piedi per terra. Ci sono mille storie possibili che si intrecciano nell’aria, lì, e il lago poco distante – come un ricordo lontano – contribuisce ad accrescere il mistero di un luogo che altro non è che un sogno diventato realtà. Sogno che si esprime pienamente nella sala della Città Ideale, definita uno dei plastici più belli del mondo, costruito pezzo per pezzo da Francesco Ogliari in persona. Un piccolo microcosmo perfetto nella sua imperfezione, con mongolfiere che si alzano verso il cielo e il circo che pianta le tende nell’asfalto delle autostrade, le case con le luci sempre accese e fiumi che non si fermano mai, mai. C’è qualcosa da ammirare nel credere così tanto e così a lungo in qualcosa di irrealizzabile – e questa energia ti rimane attaccata addosso come polvere sottile, una volta fuori di lì.

Il Museo Ogliari è, ovviamente, gratuito e per tutta l’estate è aperto dalle ore 10 alle 11:30 e dalle 15 alle 17:30. Giorno di chiusura il lunedì. Il suo sito web è questo: http://www.museodeitrasportiogliari.it/. Io consiglio a tutti – grandi e bambini – di visitarlo, perché è bellissimo e tutti abbiamo un grande bisogno di cose belle, ora più che mai.

Poi, se quasi tutti da piccoli abbiamo desiderato – anche solo per cinque minuti – di lavorare come capostazione, ci sarà un perché. 

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