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Il gioco della campana

I giocatori devono lanciare il sassolino all’interno del primo quadrato, ben attenti a non toccarne le linee che delimitano le caselle.
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Capita ancor oggi, magari mentre si attraversa un parco o ci si ritrova a passare accanto ad un cortile, di notare con la coda dell’occhio uno strano disegno sul terreno, tanti piccoli quadrati posti uno sull’altro in una sorta di sbilenco totem immortalato con del gessetto.
Un’immagine familiare che tutti noi avremo visto almeno una volta nella nostra vita. Anzi, a dirla tutti, parecchi l’avranno anche disegnata durante i lunghi pomeriggi estivi trascorsi a bighellonare in giro. Più ragazzine che maschietti, in realtà. Essendo il gioco della campana un passatempo prevalentemente da femmina. O almeno così era tra i confini del mio cortile.
In ogni caso, indipendentemente da chi sia solito giocarci, certo è che la campana è gioco assai antico, già praticato dai bambini della Roma antica, tant’è che un suo disegno, inciso nella roccia, può esser ancor oggi osservato su uno dei lastricati del Foro Romano. Un gioco diffusissimo, dato che, per dar via al divertimento, altro non serve che un gessetto e dei sassolini.

Disegnato il tabellone di gioco, i giocatori devono lanciare il sassolino all’interno del primo quadrato, ben attenti a non toccarne le linee che delimitano le caselle. A lancio riuscito si procede poi a recuperare il sasso, saltando però su un piede solo (non a caso gli antichi Romani lo chiamavano claudus, il gioco dello zoppo), per poi voltarsi e ritornare indietro.
Terminato il giro si ricomincia, stavolta tentando di far scivolare il sasso all’interno della casella marchiata con il numero 2. E così via, fino a completare, giocatore dopo giocatore, l’intero tabellone. Sempre su un piede, con la sola eccezione delle caselle affiancate (generalmente 2/3, 5/6 e 8/9).
Come già accennato, qualora il sasso non dovesse centrare l’obiettivo o, saltando, si dovesse toccare il perimetro di una casella, si andrebbe incontro alla squalifica.

E’ curioso notare come il tabellone per giocare alla campana sia mutato nel corso del tempo, passando da una forma perlopiù labirintica a quella “a totem” di oggi.
Secondo alcuni, il mutamento sarebbe avvenuto in un momento imprecisato del passaggio tra l’era pagana e quella cristiana e, a dimostrazione di ciò, potrebbero essere tirati in ballo i nomi generalmente dati alla casella di partenza, chiamata Terra, e a quella di arrivo, Paradiso.
Ecco che il gioco della campana potrebbe quindi aver nel tempo assunto il significato pressoché simbolico di viaggio dell’anima verso il cielo.

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