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È ora della nanna

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Domenica.

“È tardi, è ora di andare a dormire. Domani, sveglia presto per andare a scuola.”

“Papi mi racconti una storia?”

“Va bene Marta. Poi, però, subito a letto.”

Inizio. Aveva appena assestato l’ultimo colpo di martello sulla testa dell’ultimo chiodo. Alla sua bottega, bussò un omino con un paio di scarpe di tre taglie più grandi del suo numero di piede. “Non so se questo è il posto giusto”, disse.

“Papi, scusa ma ho davvero tanto sonno. Buonanotte”

“Buonanotte, Marta.”

 

Lunedì.

“Hai preparato lo zaino per domani?”

“Si, papì.”

“Ora a letto!”

“Mi racconti una storia?”

“Allora, eravamo nella bottega del calzolaio, quando entrò un omino che…”

“Papi, per favore, me ne racconti una nuova?”

Inizio. Era giunto il tempo in cui la Regina avrebbe dovuto lasciare trono e scettro e nominare il suo successore. Così come previsto da un’antica tradizione, convocò tutti i suoi sudditi e, a ciascuno, pose la stessa domanda: “Chi è il più generoso del regno?”

“Non riesco a tenere gli occhi aperti…”

“D’accordo Marta, non preoccuparti dormi.”

 

Martedì.

“Spegni la tv e subito a letto.”

“Ancora un po’.”

“No, Marta a letto!”

“E va bene, però, mi racconti una storia?”

“La storia della Regina che cerca il suo successore?”

“No, no. Un’altra!”

Inizio. Fra tutte le streghe del regno, Serafina era quella meno temuta. Nonostante la sua natura da fattucchiera, era una giovane donna di bella presenza, dai capelli nero corvino e dallo sguardo profondo e intenso. Memorabili erano le sue sfuriate contro re e regine e invincibili erano gli astuti incantesimi per impossessarsi del loro regno ma nessuno poteva accusarla di malvagità.

“Che sonno. Ti prego papà, spegni la luce che voglio dormire.”

 

Dopo aver chiuso la porta della cameretta, vado a letto.

Non riesco a prendere sonno.

Ogni sera una storia diversa, senza mai arrivare alla fine.

Continuo ad avere in testa tante parole, frasi incompiute e immagini confuse.

Mi sembra di impazzire.

Accendo la lampada sul comodino e comincio a sfogliare Cappuccetto Rosso, il libro con cui Agnese si è addormentata, nel lettone, accanto alla mamma.

Almeno sono sicuro del finale.

Quando arrivo in fondo al libro, però, qualcosa non mi torna.

«Cappuccetto, stufa di indossare sempre lo stesso abito, si trasferisce a Milano per seguire un corso d’Alta Moda. La mamma si riappacifica con l’anziana madre e riprende ad andarle a fare visita. Il lupo, ormai disoccupato, apre nel bosco un chiosco per la vendita dei fiori. La nonna, in perfetta forma avendo smesso di mangiare le focaccine, sposa il cacciatore diventato, nel frattempo, presidente onorario della Lega per l’abolizione della caccia».

Mi sveglio di soprassalto.

È stato solo un incubo!

Provo a spiegare a mia moglie…

Lei mi guarda e prova a rassicurarmi:

“Vedrai che Cappuccetto Rosso, prima o poi, tornerà a casa per realizzare il suo vero sogno: aprire, nel bosco, un chiosco di focaccine, accanto a quello del lupo”.

E adesso dormi!

 

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