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Aznif e la strega maldestra

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aznif

Sono tornati in libreria, con una nuova (e bella) veste grafica, tre romanzi di Andrea Molesini grazie a Bur Ragazzi. Del primo, Quando ai veneziani crebbe la coda, vi abbiamo già parlato (qui), non vedevamo quindi l’ora di leggere e riscoprire le altre due riproposte dell’autore veneto.

Aznif e la strega maldestra, pubblicato per la prima volta nel 1991, è una storia che apparentemente presenta gli ingredienti della fiaba classica, a partire dal più classico degli incipit, ma da subito qualcosa di insolito arriva alle orecchie del lettore: “C’era una volta un principe che viveva in una bolla di sapone”.

Ci troviamo ad Amsterdam, trasportati lì in volo sin dalla nota introduttiva

[…] i mattoni di Amsterdam sono di seta e la malta che li tiene assieme è di zucchero filato, per questo galleggia. Pare inoltre che sia stata costruita più di cinquecento anni fa da un angelo di passaggio che aveva deciso di smettere di fumare, e aveva un diavolo per capello […]

bastano così poche parole per capire che ci ritroveremo in un mondo di leggerezza, ironia e magia.

Il protagonista del libro, Aznif, è un personaggio inedito e irresistibile, un principe che vive in una bolla di sapone dove (incredibile ma vero) ci sono un letto, un lampadario di cristallo, un frigorifero per la lattuga e i ravanelli, un fornello e una boccetta d’olio.

La boccetta d’olio non serve per cucinare ma per tenere oliati i cardini della porta (di sapone, come ogni altra cosa).

Nella dimora del principe manca un lavandino, ma a che cosa serve lavarsi quando si vive in una bolla di sapone?

Vivere in una bolla di sapone vuol dire non sapere dove si finirà, perché è il vento che decide la direzione della propria casa ed è così che il principe arriva ad Amsterdam (una città dove “le cose sono un poco più strane che altrove”).

Due cose sono innumerevoli ad Amsterdam: i piedi e i ponti. I ponti per passare sopra i canali senza bagnarsi i piedi, i piedi per quello a cui servono a tutti.

In giro per la città, dopo aver attraversato 18 ponti, Aznif arriva da Rodolfo, un ciabattino vecchio e panciuto, che lo riconosce subito come principe perché “puzzolente di sapone”; visto che non sta bene che un principe vada in giro scalzo, si propone di preparargli degli zoccoli di palissandro, dopo avergli misurato i piedi usando degli stecchini (sei stecchini e mezzo misura il piede di Aznif).

I due condividono un buono e povero pasto insieme a Lobelia, la figlia del ciabattino. Proprio durante il pasto nasce un triangolo amoroso che sconvolgerà la vita (e i piedi) dell’intera città.

La prima a innamorarsi è Lobelia, mentre osserva Aznif mangiare, gli occhi di lui invece saranno rapiti da Vaniglia, la figlia del borgomastro (il primo cittadino di Amsterdam) che arriva nella bottega del ciabattino per degli zoccoli di giada. Anche Vaniglia rimane incantata dal principe e qui il triangolo potrebbe chiudersi, con l’amore di due innamorati e l’infelicità di un cuore infranto. Potrebbe… se Lobelia non fosse una strega.

Lobelia potrebbe conquistare il cuore di Aznif con la magia e mettere da parte la bella Vaniglia. Potrebbe… se Lobelia non fosse una strega alquanto maldestra.

A questo punto è bene sapere che Lobelia era una strega. Ma era una strega troppo maldestra per essere una vera strega malvagia: aveva fatto un corso per corrispondenza, e poiché di talento ne aveva poco, era a malapena riuscita a prendere il diploma di strega apprendista, di quelle che sì e no riescono a fare un solo incantesimo per volta, e nemmeno troppo bene.

Queste sono le premesse di una storia dove tra spettri burloni, incantesimi maldestri, piedini, piedoni e balli in maschera ci si ritrova in un mondo leggero e buffo, dove l’immaginazione corre a briglia sciolta e ci trasporta, come la bolla di sapone di Aznif, dove vuole lei, senza darci il pensiero della direzione, ma lasciandoci solo il piacere di una lettura che ci ricorda quanto sia bello leggere delle storie quando sono scritte così.

Ci si innamora subito di Aznif anche grazie alle illustrazioni del bresciano Fausto Gilberti, di cui si riconosce subito il tratto nelle gambe magre, gli occhi a palla,  le figure piatte in cui tutto è tolto, restando solo l’essenziale.  Il principe, così leggero, è certamente pronto, una volta chiuso il libro, per rientrare nella sua bolla di sapone e cominciare un altro viaggio e un’altra storia.

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