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Alice nel Paese della Grammatica di Dio

Alice nel paese delle meraviglie come non ve l'ha mai spiegata nessuno. Ma per davvero.
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C'è chi in lei ha voluto vedere un'ingenua sognatrice, spensierato architetto astratto di mondi incantati non ancora contaminati dall'invariabile e gretto raziocinio che regola i mondi (tutto meno che incantati) dell'età adulta.
Chi invece la sostiene piccola paladina dell'acido lisergico, protagonista di un viaggio allucinogeno tra il pindarico e il biochimico.
Chi letteratura per l'infanzia, chi da parte sua vorrebbe vederci un bel "Parental Advisory" incollato sulla copertina.
Chi una violenza sull'infanzia – malelingue? -, chi si è invece preso la libertà di stravolgerla e rieditarla aggiungendo una strana danza, una morale arcivecchia e arcinota e arcibanale e tanti altri discutibili particolari.

Insomma, Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie (e subito a seguire Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò), romanzi emblema dell'epoca Vittoriana ad opera dello stravagante matematico inglese Lewis Carroll, per loro stessa natura si prestano alle interpretazioni più disparate, modaiole, creative, talvolta inflazionate, facendoci perdere in un labirinto di doppi significati, puns, giochi di parole e ambiguità che manco quell'intricato garbuglio di siepi che porta al castello della Regina di Cuori.

E' invece in un mondo dalle luci fredde e dai colori al neon che si muove l'Alice di Stefano Benni, (malaugurata) protagonista di uno dei 25 racconti che come flebili stelle trapuntate di un Cielo abitato da un Dio troppo distratto compongono la raccolta de La Grammatica di Dio – Storie di solitudine e di allegria, edito nel 2007 dal prolifico scrittore e giornalista bolognese.

Il Paese delle Meraviglie è un pacchiano e consumistico centrocittà addobbato a festa per le vacanze di Natale, sporco di nevischio inquinato, lo Stregatto un nerboruto skinhead ubriaco e la Regina di Cuori un'infermiera del SERT. 

E Alice ha sedici anni e fuma due pacchetti di sigarette al giorno – se ha i soldi – e 

pensa che forse stasera le toccherà di dormire in stazione, non ce la farà a resistere ancora con quel freddo, non ce la farà ad andare avanti, ma che cazzo mi parlate di coraggio e grinta e dignità, sono solo un metro e sessantadue per quarantasette chili, come posso reggere lo scricchiolio del mondo e le grida dei morti e il rock finto e il gelo e la fame, i trichechi mangiaostriche e i pusher caritatevoli…
Non ho fatto il Sessantotto il Settantasette e magari non farò neanche il Duemilaotto.
Ho bisogno di un angelo.
Non so come fare. 

Non la do a nessuno, non prendo roba, non mi metto a urlare in mezzo alla strada, semplicemente vado in stazione e aspetto un treno.
O ci salgo sopra, o ci vado sotto.

Alice è uno di quei volti giovani, invisbili e disperati, dimenticati dalla società, dai cari, da Dio. Un debole fantasma. Un pianto sommesso, un urlo trasparente, una preghiera di aiuto, una richiesta di affetto.

Ci sarà pure un posto per dormire, nel paese delle Meraviglie.

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