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Scrivere mi piace: Quel miraggio chiamato libertà

Il viaggio disperato di migliaia di immigrati in cerca di un futuro migliore.
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Proseguiamo con Scrivere mi piace, la rubrica che poi è un vero e proprio progetto: vogliamo invogliare i ragazzi che ci seguono a leggere sì, ma anche a scrivere creativamente, ispirati dalla realtà che li circonda. 

Quel miraggio chiamato libertà 

di Giulia Pisano 2D

Una storia di paura, emozioni e libertà. È il viaggio intrapreso da migliaia e migliaia di persone che ogni giorno partono dall’Africa in cerca di speranza, libertà e una vita migliore. In questo periodo, centinaia di donne e bambini muoiono, portati in Italia come merce di poco valore (500 in un barcone), affogati perché i barconi in cui viaggiano non riescono a trasportare così tanta gente in sicurezza.

I “trafficanti”, così chiamano quei mostri che trasportano questa povera gente, chiedeno i risparmi di una vita e poi lasciano quei disperati in mano al caso, al destino, al mare. Una storia che racconta la speranza e la fatica di attraversare il deserto e il mare, decine e decine di chilometri a piedi, e altrettanti in barca, insieme ad altre persone come noi, in cerca di una vita nuova. Una “passeggiata ” nel deserto, che viene affrontata grazie alla speranza di una vita migliore, di un lavoro stabile, di un paese senza guerra e di un futuro per i propri figli; anche se magari viene affrontata in gravidanza o con bambini piccoli. Poi salgono su un barcone, e tutto sembra diverso, ma all’improvviso, …. BUM ! Finito tutto, rimane solo una cosa: la SPERANZA. La cosa più scandalosa è che una volta arrivati in Italia, quei pochi che sopravvivono, vengono considerati clandestini, e non possono stare in Italia per colpa di una legge emanata ingiustamente.

Però, questo problema è un grande problema, di cui non si dovrebbe occupare solo l’Italia, ma l’Europa intera e dovrebbe essere considerato molto importante e non ignorato perché noi siamo più fortunati, noi siamo i più intelligenti, noi siamo i migliori. Però, se fossimo nei loro panni vorremmo essere ascoltati, aiutati o almeno considerati. Perciò  questa strage dev'essere conosciuta, dev'essere raccontata, anche a scuola, perché tutti devono sapere che cosa succede, come muoiono queste persone, e chi le fa morire.

                                   

                                                                                                           

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