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Parole come Pane: la sintassi del cambiamento di Nisida

"Parole come Pane", un libro nato da un progetto di scrittura a cura di Maria Franco all'interno dell’Istituto Penale Minorile di Nisida (Napoli)
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Anche se la Fiera del Libro per Ragazzi di Bologna ha chiuso le sue porte il 27 marzo, noi continuiamo a raccontarvi dei nostri incontri e delle novità in libreria, anche perché le scoperte sono state tante.

Il 25 marzo, all’interno del Padiglione 33 (e del programma di Non ditelo ai grandi), Luisa Mattia e Andrea Valente hanno presentato il volume Parole come Pane. La Sintassi di Nisida (edito da Caracò), nato da un progetto di scrittura a cura di Maria Franco all’interno dell’Istituto Penale Minorile di Nisida (Napoli). Dieci scrittori (Viola Ardone, Paolo Curtaz, Daniela de Crescenzo, Alessandro Gallo, Andrej Longo, Antonio Menna, Anna Petrazzuolo, Patrizia Rinaldi, Gianni Solla, Cristina Zagaria) hanno elaborato un percorso con i giovani detenuti riflettendo, quest’anno, sulla sintassi e su come predicati e complementi possano modificare il corso di una narrazione (e come possa quindi cambiare, nella prospettiva di un cambiamento dell’io, anche la propria storia personale). Il lavoro sulla sintassi si è poi legato a quello intorno a una parola specifica: pane, parola dal forte valore simbolico e, allo stesso tempo, parola che riporta alla quotidianità, al suo peso, ai suoi bisogni.

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Nel 2013, da settembre a dicembre, i dieci autori hanno incontrato i ragazzi e le ragazze di Nisida e hanno poi scritto ciascuno un racconto sulla base di quanto elaborato in classe. Parole come pane si divide così in due parti: la prima con i racconti dei dieci autori, la seconda con i testi dei ragazzi da cui gli stessi racconti sono scaturiti. Al centro le parole della docente di lettere, Maria Franco, che conosce bene Nisida e che segue sin dall’inizio questo percorso che ha preso avvio circa sette anni fa, partendo da una ricerca sugli autori che hanno scritto di questa piccola isola, della sua storia e delle sue bellezze, per poi arrivare a concentrarsi sui ragazzi e le ragazze detenuti nell’istituto penale (risale a marzo 2013 la pubblicazione di La grammatica di Nisida, sempre edito da Caracò, risultato del precedente studio sulla grammatica).

A Bologna, accanto a Maria Franco, c’erano Luisa Mattia e Andrea Valente: pur non presenti all’interno di quest’ultima pubblicazione, hanno entrambi vissuto l’esperienza di lavoro e confronto con i ragazzi di Nisida. Luisa Mattia prende per prima la parola, ricordando il lavoro costante svolto all’interno di questo istituto. Gli autori che entrano a Nisida non ne escono più, emotivamente e nella loro stessa scrittura. Si incontrano ragazzi che, nonostante la giovane età, si portano già dietro molte vite, alcune tragiche. Impossibile andare lì preparati, entrare pensando di “fare una predica”, con la presunzione, magari, di avere qualcosa da insegnare; ci si trova tutti alla pari, bisogna farsi vedere per quel chi si è, impossibile mentire. Luisa Mattia ha ritrovato in quei ragazzi, sul piano della scrittura, una grande umiltà e, allo stesso tempo, un modo di esprimersi secco, brutale, una profondità che all’inizio non poteva neanche prevedere. Sono gli autori, in questi incontri, a imparare veramente tanto, a essere quasi sconfitti, come adulti, nel momento in cui si fermano ad ascoltare: non si tratta di dare la parola ai ragazzi, ma di prenderla. C’è la voglia di parlare, non di essere giudicati (i ragazzi sono già spietati da soli, nel giudicarsi). Lo scrittore si trova di fronte a un fatto di realtà, le parole diventano concrete, dicono sul serio quello che c’è da dire. Entrando lì ci si rende conto di essere in un altro pianeta, che noi, fuori, siamo in un altro pianeta. Gli autori non possono non sentirsi in crisi, un po’ persi, come esploratori di galassie sconosciute.

Quando Andrea Valente prende la parola, ci porta lontanissimo, ad anni luce di distanza da Bologna e dalla Fiera: gli astronomi dicono che tra tre miliardi di anni la Via Lattea e la costellazione di Andromeda si incontreranno, in quel momento o cozzerrano e rimbalzeranno oppure, come se niente fosse, entreranno una nell’altra senza sfiorarsi. Quest’ultima possibilità è più difficile da immaginare, ma è possibile perché accade anche qui giù da noi: galassie diverse convivono senza toccarsi, di solito. A Nisida invece, per Valente, ha avuto luogo un suo personale Big Bang, nel periodo in cui ha avuto modo di incontrare i ragazzi. Nisida è un’isola e già un’isola è un carcere. Isola-isolamento-lamento, partendo da queste parole e dal loro legame, Valente non nasconde la sofferenza all’interno di questa realtà. La mancanza, anche, di una vera e propria infanzia, una necessità che a volte, e inaspettatamente, si rivela. Ci si deve aspettare una sintassi particolare: bisogna mettersi a testa in giù per capire questo mondo.

Come sottolinea Maria Franco, l’attenzione al rapporto interno-esterno non è casuale, ma un obiettivo che si voleva raggiungere: chi è fuori si deve accorgere che quelle dentro sono vite reali, piene di vita, a volte frantumata, ma vita, come quella che continua fuori. L’età media dei ragazzi di Nisida è 17 anni, quasi tutti fuori hanno già dei figli ad attenderli, quasi tutti hanno un padre in galera o morto in qualche agguato o conflitto a fuoco. C’è una realtà, spesso ignorata, a cui non viene data sufficiente attenzione (ragazzi a cui mancano spesso strumenti cognitivi, relazionali, al di là dell’aver abbandonato gli studi da piccoli).

Fuori c’è spesso la voglia di non entrare in contatto con queste vite, il desiderio, come scherza alla fine Valente, di chiuderli dentro e gettare la chiave. La chiave di tutto, invece, è non buttare la chiave.   

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