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Nel paese dei mostri selvaggi

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Benvenuti nel Pese dei Mostri selvaggi, quel paese dove si corre il rischio per un istante infinito di essere divorati dai mostri della nostra rabbia, proprio come capitò a Max e come capitò alla Sirenetta che dopo tante trasformazioni fatte per amore fu sul punto di trasformarsi nell’assassina che non era mai stata:

E dunque, ecco dove mi ha portato la mia scelta – pensava – a cambiare me stessa e a soffrire tante pene per niente!
E per la prima volta provò una grande rabbia. Poi a un tratto, ecco che nell’oscurità a fianco alla nave vide nuotare le sue sorelle, con le facce tristi e le teste rapate.
Abbiamo dato i nostri capelli alla Strega del Mare – le dissero – in cambio di un coltello magico. Ficcalo nel cuore del principe prima dell’alba, e bagnati le gambe col suo sangue. Riavrai indietro la tua coda e potrai tornare da noi. Sbrigati! Il sole sta per sorgere.
Le passarono il coltello e si inabissarono nel mare.
La sirenetta guardò il cielo che si illuminava e il coltello affilato che aveva in mano. La sua rabbia rifluì dentro di esso, mentre lei ripensava al principe che dormiva nella sua cabina, col cuore rapito dalla novella sposa. Un colpo solo sarebbe bastato per prendersi la sua vendetta, e per riavere indietro la vita di un tempo.

E dunque, via con la rabbia.

Mi arrabbio quando mia madre dice che devo fare tutti i compiti, perché sono troppi e non ce la farei neanche per il giorno dopo infatti non ne faccio neanche metà in quattro ore (Alice 12 anni);

non mi arrabbio facilmente, quando però mio fratello mi ruba le cose, mi mena, dice le bugie su di me ai nostri genitori, rompe tutte le mie cose e tutti gli altri dispetti mi manda in bestia tanto da spingerlo rimproverandolo, ma dopo neanche 10 secondi penso al gesto che ho fatto, che è ancora un bambino, che per lui tutto questo non è niente di male ma lo trova solo un gioco e in un solo secondo sono lì vicino a lui che mi sto scusando e subito lo abbraccio e insieme a lui mi metto un po’ a piangere pensando che non avrei più commesso questo errore ti voglio bene!
(Natasha 11 anni);

un giorno quando ero al parco di Vismara uno più grande mi ha rubato il pallone e mi ha sfidato a calcio e io ho portato la mia squadra e lui la sua squadra, alla fine abbiamo perso e io mi sono arrabbiato ma non perché ho perso ma perché per chiedermi una sfida mi ha dovuto rubare il pallone (Tommaso, 11 anni);

quando mia mamma o mia nonna mi dicono che non mi pettino o non mi tengo bene (Sofia, 11 anni);

quando mio fratello mi mena e non mi posso vendicare perché i miei genitori mi dicono che sono più grande e devo dare il buon esempio ma secondo me devono sgridare anche mio fratello (Marco, 11 anni);

mi arrabbio quando c’è il fidanzato di mia sorella e stanno in camera e io voglio stare con lui perché mi fa molto ridere ma mia sorella mi manda via ma però io mi arrabbio e le tiro i capelli e mia madre mi manda a fare i compiti (Luca 11 anni).

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Sono arrabbiata con mio fratello perché mi dà le botte (Ilaria, 5 anni);

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sono arrabbiata con il mio papà perché non mi fa vedere i cartoni (Gaia, 5 anni).

E questo è Guglielmo che bolle di rabbia

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Il paese dei mostri selvaggi è il paese della ridda, un mondo alla rovescia dove si muovono forze demoniache e sconosciute tenute a bada da oggetti connessi con la magia e con il culto dei morti e la divinità.
Come nel caso della fiaba di Giovannin senza paura (attestata in Italia, in Lombardia, nel Veneto, nel Trentino, nella Venezia Giulia, nella Liguria, nell’Emilia, nella Toscana e nelle Marche).
Giovannino gira il mondo in cerca di fortuna e va a dormire in un palazzo da cui nessuno è mai uscito vivo; la riscrive Italo Calvino nella sua indimenticabile raccolta:

A mezzanotte egli mangiava seduto a tavola, quando dalla cappa del camino sentì una voce. Butto?
E Giovannino rispose: E butta!
Dal camino cascò giù una gamba d’uomo. Giovannino bevve un bicchiere di vino.
Poi la voce disse ancora: Butto?
E Giovanino: E butta! – e venne giù un’altra gamba. Giovannino addentò la salsiccia. Butto?
E butta! – e venne giù un braccio. Giovannino si mise a fischiettare.
Butto? 
E butta! – un altro braccio.
Butto?
Butta!
E cascò un busto che si riappiccicò alle gambe e alle braccia, e restò un uomo in piedi senza testa.
Butto?
Butta!
Cascò la testa e saltò in cima al busto. Era un olone gigantesco, e Giovannino alzò il bicchiere e disse: Alla salute!

Ecco il camino, passaggio cosmico che permette agli esseri celesti di penetrare nella casa, ed ecco l’essere composto da braccia e gambe che ruotano: simbolo solare celtico che ha valore divinatorio (Eugenio Battisti, L’antirinascimento):

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Cose assurde e eventi incomprensibili, il nostro piccolo mondo alla rovescia ne è pieno:

non capisco perché ci si deve alzare così presto per andare a scuola, non potrebbe iniziare un po’ più tardi? Di conseguenza non capisco la stanchezza (Filippo, 11 anni);

quando i miei compagni mi chiamano bocia (Luca, 11 anni);

è assurdo fare la ricreazione di dieci minuti se penso che alle elementari la facevo anche di un’ora! (Petra 11 anni);

quando mentre dormo, arriva mio fratello e accende la luce per fare lo zaino, e non so come fa a non accorgersi che io sono lì e cerco di dormire (Alessandra, 11 anni);

perché io devo ascoltare le parole degli altri, quando loro non ascoltano le mie (Diletta, 12 anni).

Infine, dopo la rabbia, dopo tutte queste assurdità e il mondo alla rovescia, non rimane che tirar fuori l’amuleto migliore, la capacità di ridere: grazie Bruno Tognolini.

Sei una testa di rapa, un cetriolo
Naso a patata con occhi di fagiolo
Fiato di aglio
Piedi coi funghi
Le tue gambe due carciofi lunghi lunghi
Pelle di ceci
Pelo di carota
Capelli di spinaci e zucca vuota
Sei una zucchina
Sei uno zuccone
Sei una fava che cammina
Un minestrone
Ti credi bello
Sedere a ravanello
Sono educato…
E non parlo del pisello.

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