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Malala Yousafzai: a lezione di coraggio in Pakistan

Malala Yousafzai ha 14 anni e vuole andare a scuola. Soprattutto da quando glielo proibiscono.
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Malala Yousafzai vuole andare a scuola, ma in Pakistan questo non è scontato.

Pakistan significa “terra dei puri”: riuscite, infatti, ad immaginare qualcosa di più puro di un paesaggio verde brillante, dominato dalle nevi eterne del K2, la seconda montagna più alta del mondo, un gigante con la testa fra le nuvole? E riuscite a immaginare piccoli uomini indifesi che, in una natura così imponente, riescono a costruire residenze sontuose, giardini rigogliosi, monumenti sacri e grandi palazzi?

Chiudete gli occhi. Riuscite a sentire il profumo delle coloratissime spezie, mentre passeggiate tra le bancarelle di uno dei tanti mercati tipici, accompagnati dal suono evocativo della qawwali, la musica sacra tradizionale? Riuscite a sentire la voce dell’uomo che racconta storie antiche, antiche come le vestigia della civiltà scomparsa di Mohenjo-daro, il “monte dei morti”, una delle più grandi città dell’Indo, il grande fiume, la “linea della vita” del Pakistan?

Ora aprite gli occhi. Accendete la televisione e osservate come una manciata di piccoli uomini sia riuscita a distruggere ciò che la Natura e i loro antenati hanno creato. Il profumo delle spezie è stato sostituito dall’odore acre della polvere da sparo. La musica, dalle bombe; le leggende, dalla superstizione.

Chi è Malala?

In Pakistan vive una piccola, piccolissima donna: si chiama Malala Yousafzai, è nata il 12 luglio 1997 e non è un’eroina, non è un politico, non è una rivoluzionaria. È una quattordicenne che vuole andare a scuola. Un desiderio strano per molti quattordicenni abituati a considerare la scuola una prigione. In Pakistan, però, i Talebani hanno vietato alle donne di frequentare la scuola e Malala è proprio come ogni quattordicenne che si rispetti: le proibiscono una cosa e lei la fa! Malala vuole avere un’istruzione perché sa che la libertà si conquista con il sapere.

Ha un blog, come molte sue coetanee di tutto il mondo, e come molte sue coetanee scrive con uno pseudonimo, la differenza è che mentre le sue coetanee del resto del pianeta pensano ai ragazzi, alle feste, alla musica, ai libri (com’è giusto e normale), Malala racconta degli spari che sente durante la notte, dei corpi trovati per strada e del suo desiderio di tornare a scuola. Lo pseudonimo lo usa perché scrive per la BBC e racconta come funzionano davvero le cose in Pakistan.

 “Sono preoccupata, domani iniziano le vacanze invernali. Il direttore ha annunciato la chiusura della scuola ma non ha menzionato quando riaprirà […], suppongo perché i Talebani hanno annunciato il divieto alle ragazze di frequentare la scuola dal 15 di Gennaio”.

 “Oggi è vacanza e mi sono svegliata tardi, alle 10 circa. Ho sentito mio padre che parlava di altri tre morti a Green Chowk […]. Ma il mio cuore batte forte: domani si torna a scuola”

 “Ho fatto un sogno terribile in cui c’erano elicotteri militari e Talebani. […] Mia madre mi ha preparato la colazione e sono andata a scuola, avevo paura perché i Talebani hanno vietato alle ragazze di frequentarla. Solo 11 studenti si sono presentati su 27. […] Mentre camminavo ho sentito un uomo che diceva “ti ammazzo”. Così ho accelerato e dopo un po’ mi sono voltata per vedere se mi seguiva. Allora mi sono accorta che stava parlando al telefono, probabilmente stava minacciando qualcun altro”.

Il 9 ottobre 2012 Malala è in autobus e sta andando a scuola. L’autobus viene fermato da due uomini. Uno, armato, sale e chiede: “Chi è Malala Yousafzai?”. Gli viene indicata una ragazzina dai grandissimi occhi neri e dal viso grazioso. Le si avvicina e, senza una parola, le spara alla testa.

Un uomo con una pistola contro una ragazzina con dei libri in mano: una lotta impari dal finale tutt’altro che scontato. Malala non muore, infatti.

La piccolissima donna diventa gigantesca, come la Natura, come le montagne eterne, come le grandi civiltà del passato, come il vero Pakistan e la sua immagine rimbalza sugli schermi e i giornali di tutto il mondo, mentre l’intero pianeta s’indigna e la gente scende in piazza gridando “IO SONO MALALA!”, mentre il piccolissimo uomo armato diventa così insignificante da scomparire del tutto, assieme al suo credo squilibrato.

Malala si rialza dal letto dell’ospedale londinese dov’è stata curata: tornerà a scuola e diventerà una donna colta, una donna che non sarà possibile piegare, una piccolissima donna che ha sconfitto centinaia di piccoli, insignificanti uomini armati.

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