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Luigi Ciol (Resistere), una storia della Resistenza

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25 aprile, festa della Liberazione

Due anni fa abbiamo dato il via, nel nostro piccolo, a una tradizione. Tutto è cominciato dalla scoperta di un importante archivio online, quello delle Ultime lettere di condannati a morte e di deportati della Resistenza italiana. Abbiamo cominciato, quasi per caso, a leggere alcune lettere senza riuscire più a fermarci. Ogni lettera è la testimonianza di una vita, di un sacrificio e di una perdita. Proprio per dare voce a queste testimonianze, abbiamo deciso di dedicare ogni anno il nostro 25 aprile a una di queste lettere, dando volto e voce a chi ha partecipato alla Resistenza e per questa (e per noi) ha dato la propria vita.

Nome di battaglia: Resistere

Dopo Giorgio Mainardi e Gianfranco Sarfatti, riportiamo quest’anno la lettera di Luigi Ciol.

Nato il 4 ottobre del 1925 a Cintello, frazione di Teglio Veneto (Venezia), Luigi Ciol, meccanico, entra nella Resistenza dopo l’armistizio con il nome di battaglia Resistere. Sarà fatto prigioniero il 22 gennaio del 1945 e condannato a morte, dopo interrogatori e torture, insieme ad altri 36 detenuti. Verrà fucilato, a soli 19 anni, il 9 aprile del 1945 (trovate la sua biografia completa qui).

La lettera che scrive ai familiari, il 14 marzo del 1945, è tragicamente carica della consapevolezza del proprio destino.

La lettera

Dalle mie prigioni vi scrivo.
Carissimi famigliari, vengo a voi con queste mie, ultime parole, facendovi sapere che sono condannato a morte, ma non disperatevi per me. Speriamo che tutto vada bene, se non va bene va male.

Cara mamma se anche muoio io ti restano lo stesso altri quattro leoni, niente da fare così è il destino, io e Gino Nosella, i più disgraziati dei condannati a morte.
Luigi detto Boschin parte per la Germania, vi faccio sapere che insieme a noi due è anche il cugino Benito di Cordovado, anche lui condannato a morte.

Speriamo che tutto vada bene, ma siamo che aspettiamo momento per momento e siamo in trentasette condannati a morte.
Un saluto ai parenti e paesani.
Una idea è una idea e nessuno la rompe. A morte il fascismo e viva la libertà dei popoli.

Un saluto a Natale Tomba e a sua moglie Gigia e ai padroni.
Se il destino e sfortuna mi rapì, vi chiedo perdono a tutti, papà mamma e fratelli.

Girare attorno qua e là per la prigione e a dirsi che siamo condannati a morte, ma ormai è così e viva la libertà dei popoli.
È così l’ultimo saluto che vi faccio.
Bacioni ai nonni che preghino per me tanto e vi bacio tutti.
Vostro Luigi

(lettera pubblicata in Ultime lettere di condannati a morte e di deportati della Resistenza italiana – http://www.ultimelettere.it –, on line dal 26 aprile 2007, INSMLI)

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