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Gli Sgorbions

Ogni figurina portava in scena le sembianze grottesche di un personaggio, in vignette che sembravano saltar fuori da chissà quale splatter di terz’ordine.
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matteo cappereoQualche anno fa è stata la volta degli Skifidol, un nome che rimbomberà certamente rumoroso alle orecchie di tutti quei nostri lettori magari genitori di figlioli in età scolastica.
E’ stata una delle tante mode del momento, alimentata per qualche tempo da pubblicità e passaparola, e nei suoi ultimi frammenti di vita addirittura protagonista di un paio di articoli sparsi qui e lì tra giornali e notiziari. Insomma, bastava anche solo avvicinarsi ad un’edicola per trovare il marciapiede pressoché ricoperto da bustine barbaramente dilaniate, fino a qualche istante prima fieri e sgargianti contenitori di qualche figurina plastificata. Erano le card degli skifidol, un mondo fatto di bizzarri personaggi, tra il trash e il vomitevole, immortalati nel bel mezzo di rivoltanti e poco consigliabili attività (che so, dallo scaccolarsi al giocare con il contenuto di un water…).
Qualche adulto avrà naturalmente storto il naso, certo di trovarsi davanti ad un prodotto poco educativo, qualcun altro, invece, si sarà lasciato trasportare indietro nel tempo, quando, a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, avrebbe potuto a sua volta dirsi vittima del fascino malsano di questi astrusi e riprovevoli personaggi. Solo che allora erano semplici figurine adesive e si chiamavano Sgorbions. I mitici Sgorbions, prego!

Vivi Sezione, Marcello Porcello, Bice Cicatrice, Beata Grattugiata, Gino Spazzalatrino. Sono solo alcuni dei nomi di questi poco amorevoli personaggi nati negli States nel 1985 come parodia dei ben più famosi Cabbage Patch Kids (gloriosa linea di bambole da noi conosciuta come I bamboli del campo incantato), e giunti in Italia appena qualche anno dopo, immediatamente artefici di un discreto successo di pubblico. E non poteva essere altrimenti.Sgorbions1
Ogni figurina portava infatti in scena le sembianze grottesche di un personaggio, in vignette che sembravano perlopiù saltar fuori da chissà quale pellicola splatter di terz’ordine.
Il nome del tizio era sempre indicativo, e così ecco Renata Cariata, dalla disgustosa dentatura deforme, o Gustava La Sbava, una tizia intenta a galleggiare nella sua stessa bava. Senza contare poi lo schifo più genuino con Faccio il Cus Cus o Renata Intasata (a voi il piacere di cercarli su google).
Sul retro di ogni figurina il divertimento poi continuava: una breve frase atta a potenziare ulteriormente il grado di sgorbioneria del bambolotto interessato.
Ora vi chiedo, immagini tanto disgustose e surreali avrebbero mai potuto lasciar indifferenti noi piccoli mostriciattoli?  Certo che no! E allora via con la sgorbions mania.
Li si scambiava a scuola, in cortile o per strada, per poi mostrarli fieri a genitori e parenti, dato che, amici miei, il vero divertimento stava tutto lì, in ogni loro commento tra lo schifato e il finto indignato. A quel punto, giù con le risate.

Dopo tre serie di successo e qualche speciale, anche gli Sgorbions sono lentamente caduti nel dimenticatoio, per poi ritornare inaspettatamente alla ribalta più di un ventennio dopo.
Perché, signori, gli anni ‘80/’90, con le loro astruse e colorate idee, di morire non ne vogliono proprio sapere.

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