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Il giorno degli eroi

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sgardoli«Dov’eri te quando il Ferdinando l’è andè al creatåur? Te lo ricordi dov’eri quando l’hanno ammazzato? Io sì che me lo ricordo. Mé a lavurèva in ufizéńna. È venuto il padrone a dircelo, el parùn, che l’aveva sentito da un suo cugino, giornalista al Carlino

Marrani, che viene da Bologna, interroga il giovane soldato semplice Silvio Moretti, mentre entrambi scavano la terra secca per fare una trincea. «Dov’ero» ripete e sembra chiedere a se stesso Silvio, prima di dare il via ai suoi ricordi. Sono passati tre anni, dal 28 giugno 1914 e dall’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo Este, erede al trono austro-ungarico, e sono passati ormai anche due anni dal 24 maggio 1915 e dall’entrata dell’Italia nella Grande Guerra.

Queste date ci accompagnano negli anni e nei libri di scuola, ma Il giorno degli eroi di Guido Sgardoli ci introduce veramente dentro la Grande Guerra, in una vicenda che, allo stesso tempo, è intima e universale, in cui la guerra diventa soprattutto una riflessione sugli uomini e sulla pace.

A differenza del giovane soldato Moretti, di anni, per noi, ne sono passati cento, e i ricordi della Prima Guerra Mondiale dobbiamo ritrovarli negli archivi, nelle lettere, nei racconti tramandati di padre in figlio. Proprio grazie a queste fonti il viaggio nella memoria di Sgardoli è un viaggio autentico, particolarmente sentito anche per la provenienza geografica dell’autore (nato a San Donà di Piave, terra in prima linea nel primo conflitto mondiale).

Il giorno degli eroi è costruito su due assi temporali che finiranno, alla fine del libro, per incontrarsi; inizialmente invece passiamo dal 1917 al 1914: nel 1914 Silvio ha quindici anni, vive con i genitori, i due fratelli maggiori e la sorella. Una famiglia veneta di contadini, con la terra da coltivare e una casa umile a poca distanza dal Piave. Quando la guerra arriva c’è una prima partenza, quella del fratello Carlo impaziente di poter servire la Patria, anche con la morte se necessario.

Passeranno i mesi, partirà anche Aldo (inizialmente riformato a causa di un problema al piede), e si sente molto bene, al momento dei saluti, che qualcosa è cambiato. Alla fine arriverà anche il turno di Silvio, classe 1899, dopo aver inutilmente tentato di partire prima del tempo.

Un episodio centrale del romanzo (e anche l’idea da cui è nato) è ispirato alla tregua di Natale che si svolse durante il primo anno di guerra, nel dicembre del 1914, tra inglesi e tedeschi lungo la linea del fronte occidentale (un episodio ricostruito recentemente in un corto promozionale). La ricostruzione dell’episodio in Italia è opera di fantasia (anche se, come riporta l’autore, esiste la testimonianza del soldato semplice Antonio Rotunno di una sospensione arbitraria delle ostilità nel dicembre del 1917) ma questo nulla toglie alla capacità del libro di raccontare e indagare la nostra Storia.

Gli eroi sono al centro di questo romanzo (a cui l’etichetta “per ragazzi” sta particolarmente stretta) e cambia, pagina dopo pagina, il significato attribuito alla parola eroi e, soprattutto, anche se Silvio è la voce più forte e visibile, tanti sono gli eroi: lo sono i ragazzi del ’99 a cui il libro è dedicato, lo sono le famiglie a casa, in attesa di una lettera dal fronte, oppure quelle costrette ad abbandonare i pochi averi per cercare rifugio altrove, lo è chi, dopo l’orrore della guerra, decide di scappare dalla trincea. Sono molte le loro voci e si mescolano, così come i loro dialetti e accenti.

Lo stesso Sgardoli, a chiusura del volume, parla di molti tipi di eroi, tutti accomunati dal coraggio, e cita Harper Lee e il suo Il buio oltre la siepe: “Aver coraggio significa sapere di essere sconfitti prima ancora di cominciare, e cominciare ugualmente e arrivare fino in fondo, qualsiasi cosa succeda”.

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