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Le cronache parallele: Cesare Beccaria

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beccaria

Torna oggi Cronache parallele a cura dei ragazzi del Nuovo Collegio della Missione di Cagliari, guidati dalla loro attenta e creativa professoressa Stefania Mancosu. Cronache parallele mette insieme due interviste riguardo uno stesso tema: una, impossibile, a un personaggio del passato, l’altra, reale, a un personaggio del nostro presente. Dopo la prima puntata, divisa in due parti, dedicata a Galileo Galilei e al ricercatore Maurizio Augelli, conosciamo oggi il celebre giurista del ‘700 Cesare Beccaria. Con chi dialogherà nel presente? Lo scopriremo la prossima settimana!

Le cronache parallele sono un tentativo di raccontare la storia di alcuni degli uomini più importanti della nostra letteratura, che con la loro opera hanno segnato il passato e influenzato il nostro presente, mettendoli  a confronto con uomini che vivono e operano nel nostro presente. Spero che apprezziate il tentativo… buona lettura!

Oggi avremo la possibilità di intervistare un grande uomo, colui che ha portato l’illuminismo nel sistema giudiziario e nelle carceri attraverso il trattato Dei delitti e delle pene l’opera che ha sbaragliato l’Europa, conquistando anche la Francia. Sì, avete capito bene: oggi conosceremo meglio il grande Cesare Beccaria.

Cesare Beccaria è un giurista ed economista del Settecento, tra i massimi rappresentanti dell’illuminismo italiano, la sua fama è legata, come già detto, al trattato Dei delitti e delle pene, pubblicato anonimo nel 1764, che pose le fondamenta della scienza criminale moderna.

Lo scrittore fonda il suo pensiero sul sistema giudiziario sui princìpi della filosofia illuministica francese e sulla teoria contrattualistica e utilitaristica: egli intende il delitto come violazione dell’ordine sociale  e la pena come una difesa di questo, di qui la polemica contro la pena di morte “né utile né necessaria”.

Intervista di Elisa Ghisaura, Giovanni Pitzurra, Samuele Senes, Giulia Pisano

e Pier Paolo del Vicario

Grazie di averci concesso quest’intervista incominciamo parlando un po’ di lei.

Ho passato un’infanzia tranquilla lontano da casa, non sono mai stato tanto legato ai mie genitori che hanno ostacolato poi il mio matrimonio con Teresa Blasco. Ho avuto una rivincita personale con la nascita della mia dolce Giulia, la futura madre di Manzoni.

A cosa attribuisce il suo successo?

Il mio successo lo attribuisco al mio trattato Dei delitti e delle pene che  ha fatto discutere la società settecentesca.

Cosa lo ha spinto a scrivere dei Delitti e delle pene?

Ho scritto questo trattato  per denunciare l’assurdità del sistema giudiziario, puramente repressivo, che esprimeva l’ingiustizia e la sofferenza della maggior parte dei cittadini.

Lei pensa che le persone evitino di commettere crimini grazie alla paura della pena di morte?

La pena di morte a volte è meno dolorosa di una pena che prevede la reclusione a vita.

Ma quale è la sua opinione sulla pena di morte.

La pena di morte non può correggere il reo, gli toglie la vita. La giustizia  dovrebbe essere nelle mani di uno stato forte e autoritario che impone le pene e garantisce la loro applicazione. Allo stesso modo anche l’ergastolo non corregge il criminale e, in fondo, è come una condanna a morte.

È molto interessante anche la sua opinione sulla Chiesa?

La mia critica riguarda la condanna del suicidio, ma se si condanna il suicidio non può essere legittimo l’omicidio attraverso la pena di morte. La Chiesa di quel tempo, era diversa, confortava il condannato con l’idea del pentimento e della salvezza eterna.

Signor Beccaria lei comprende quanto a volte, soprattutto nel suo tempo, sia difficile per il popolo capire le leggi?

Ho piena coscienza della difficoltà del popolo nel comprendere le leggi, tanto più che ciascun uomo ha il suo punto di vista e le interpreta, per questo è importate che oggi vi sia un codice penale e civile.

Per lei che cosa è la pena?

Sono convinto che il fine della pena non è tormentare e affliggere un essere sensibile né di disfare un delitto già commesso, ma impedire che il colpevole commetta nuovi delitti e possa nuocere ai suoi concittadini.

Perché ancora oggi la sue tesi sono attuali?

Purtroppo ancora oggi la tortura è un mezzo per estorcere informazioni, spesso non vere, la tortura assolve i forti e scellerati e condanna i deboli e innocenti. È diffusa in Paesi spesso economicamente sviluppati ma socialmente arretrati come: Cina, Iraq e i Paesi arabi. Mi dispiace ma ora mi devo ritirare. A presto.

Grazie ancora per l’intervista

Grazie a Carlo Virdis per l’immagine di copertina.

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