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Babbo Natale è per i piccoli. Appunto.

Beato chi sa mettere, e non solo a Natale, una storia d'amore dietro ogni piccolo o grande gesto, dietro a ogni impegno, dietro a ogni incontro e ricordo.
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 photo credit: Mike Holmes

Credere o non credere a Babbo Natale?

Anche quest’anno la pubblicità ha già cominciato a suonare le campane a festa per il Natale imminente, quello degli affetti, delle canzoni, delle vacanze, delle luci e dei regali.

La mia bambina mi ha detto: “Dobbiamo scrivere la lettera a Babbo Natale”.

Sì, perché è da quando sa scrivere (oggi ha dieci anni), che la stendiamo insieme. Prima me la dettava. In entrambi i casi questo mi permetteva di dare degli opportuni colpi di pollice al fiume dei suoi desideri (tipo: “Questa cosa chissà se Babbo Natale la trova in tempo, diamogli un’alternativa…”).

Ma col passare del tempo, è la fiducia in Babbo Natale a essere in crisi. Il fratello maggiore (anni 14, prima liceo scientifico) non ci crede da almeno tre anni e da allora la lettera a Babbo Natale non la scrive più. “Ma poi i regali gli arrivano lo stesso”, ha sempre commentato la piccola, comprensiva. Come a dire: Babbo Natale è così buono che fa piovere regali sui buoni e sui cattivi.

Ora però ci sono dei compagni di scuola che sfidano gli altri: “I regali li comprano i genitori! Non c’è nessun Babbo Natale! Come farebbe ad andare nella stessa notte da tutti i bambini del mondo?”.

Questa ventata di razionalismo sfiora anche la mia bambina. E noi genitori non sappiamo cosa fare.

Dobbiamo dirle: “Sì, ha ragione il tuo compagno antipatico e saputello. Ti abbiamo raccontato una bugia: Babbo Natale non esiste. I regali li ha sempre comprati la mamma, quasi sempre litigando con papà, che già a metà novembre dice che non bisogna rischiare di trovare gli scaffali vuoti, che la pubblicità mette subito in moto i più previdenti, che poi vaglielo a spiegare ai bambini che Babbo Natale non li ha ascoltati e capiti”?

Dobbiamo dirle che acquistare tanti regali è un vero sacrificio, che quest’anno c’è la crisi, che a qualcosa dovrà rinunciare e quindi piuttosto che una lettera a Babbo Natale è meglio una trattativa col bilancio famigliare?

Son cose di cui parliamo apertamente, con il fratello maggiore.

Io non ho voluto. E mia moglie è d’accordo con me.

Allora, da adulto responsabile, ho detto a mia figlia la verità: “Babbo Natale esiste. Si occupa dei bambini, finché sono piccoli. I regali dei grandi, invece, li comprano i genitori, come vedi che fa la mamma con il regalo per la nonna e per la zia. E come facciamo per tuo fratello”.

Mia figlia ha molto apprezzato la risposta, e l’ha riferita con convinzione ai compagni, che non si aspettavano questo distinguo. “Allora io… sono già grande?”, le ha chiesto il più convinto demitizzatore. “Probabilmente sì”, ha risposto lei. E l’altro, invece che così orgoglioso della conquistata maturità, ha rivolto un piccolo pensiero di rimpianto (il primo) per la perduta innocenza.

Ma perché quella che ho detto a mia figlia è la verità? E perché, di conseguenza, anche quest’anno ho scritto con lei la lettera a Babbo Natale con i consueti (e un po’ più vistosi) “colpi di pollice”?

Perché è vero che lei, per fortuna, è ancora piccola. E ha diritto non dico a un’illusione, non dico a un sogno – parola abusata -, ma a una storia. Il che è ben diverso.

Tutti, anche noi adulti, abbiamo diritto che dietro a un regalo ci sia una storia, anche se – anzi: tanto più se – sappiamo benissimo chi c’è dietro.

Beato chi sa mettere, e non solo a Natale, una storia d’amore dietro ogni piccolo o grande gesto, dietro a ogni impegno, dietro a ogni incontro e ricordo.

E beato chi mi capisce.

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