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Apocalypse Prof

Se la Prof potesse trasformarsi nel peggiore degli studenti, nel ribelle dei ribelli, nel Cook di Skins, cosa farebbe? Sarebbe l'apocalisse
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Sono in una stanza senza muri e senza soffitto e senza pavimenti: mi manca letteralmente la terra sotto i piedi mentre mi investe la voce di tuono di LUI.

Tutti hanno sopra un LUI. I miei alunni. Che hanno sopra me. Mio marito, che ha sopra dalle 8 alle 18 il suo Mega Capo Efficienza Ordine e Obbedienza e dalle 19 alle 8 me. Io, che ho sopra dalle 16 alle 8 mio figlio e dalle 8 alle volte sino a oltranza LUI.

Lui è il mio capo. Il preside.

«VOI…» non trattiene il disprezzo, ma calca il voi che ci accomuna tutti nella raccolta dell’indifferenziato «VOI non lavorate abbastanza e dovreste ringraziarmi» (già, è vero, il lavoro non è un diritto) «VOI non avete letto le mie circolari» «VOI non sapete tenere la classe» «VOI» e qui gonfia il petto. Interminabile minuto di silenzio:

«VOI non fate divertire».

«O me tapina!»

In queste circostanze mi vengono in mente solo epiteti di commiserazione aulici, ingrossati da troppe letture antologiche sempre uguali e invece vorrei potergli gridare un sonoro «mavaffan…».

«Se fossi uno di loro. Se fossi uno di loro.» prego

E puf! mi ritrovo nelle vesti del fantastico Cook di Skins, il peggior studente del secondo millennio: mostro al capo la mia parte migliore. Poi salto sullo skate e mi faccio tutto il corridoio di corsa andata e ritorno. Entro in classe, salto sul banco come O Capitano mio Capitano, ma non mi fermo a declamare poesie, perché siamo a luglio e la classe è vuota. Faccio un falò con le circolari. Forzo i forzieri di merendine e le distribuisco gratis ai passanti.

«Mi dica, ora FACCIO DIVERTIRE?»

Cose che accadono, anche se sto sognando.

Mi piace Cook: è la quintessenza del ribelle, l’incarnazione santissima di tutti gli istinti di liberazione al sistema

«Ma Lei, cara Prof, È il sistema»

«Sì, caro, io per te sono il sistema, è il gioco delle parti per dirla con Pirandello. Ma almeno nel mio sogno io rovescio le parti e divento tutti voi, i peggiori di voi. E vi faccio divertire». Apocalypse Prof.

Cook è sempre esistito e non deve scandalizzare: si chiamava Huck Finn, Tom Sawyer, Franti. Pinocchio (non Lucignolo: Lucignolo nel secondo millennio è una donna, Effy, l'algida e persuasiva compagna di classe di Cook: una rivincita sulla mancanza per stagioni letterarie di una ragazza cattiva). Solo più bastardo, cinico, scorretto all'irritazione.

S'è capito: quando la scuola comincia ad allentare il suo morso in modo inversamente proporzionale al caldo, una regressione terapeutica mi incolla alla TV. Faccio uso segreto di serial.  Non desto sospetti. Se qualcuno mi becca, ho la scusa pronta: «Mi tengo aggiornata sul mondo giovanile».  È in questa occasione che ho fatto conoscenza di Cook: diciassettenne inglese, rosso, occhi lubrici da faina. Trasgressore per vocazione. Prima reazione, di disgusto: questi mostri di cinismo non possono essere loro, i miei studenti. Seconda reazione: è di disgusto. Questi pagliacci riuniti in palestra per accogliere i propri alunni NON possiamo essere noi. Io non voglio essere così: preoccupata di far divertire, istericamente punitiva, spaventata dai giovani come da alieni. E mi chiedo se i miei studenti mi abbiano mai guardata in quel modo: senza un sorriso, freddi, sprezzanti. SOLI.

No, una professoressa dell’apocalisse non deve esistere neanche alla fine dei tempi.

Mi sveglio e torno nei panni della Prof né anarchica né aguzzina. Né sexy né racchia. E, soprattutto, che NON FA DIVERTIRE. Io come molti altri prof. Che se l’Italia non avesse questa schiatta di silenziose formiche da tempo sarebbe sprofondata. E noi, a scuola come in politica, dei capi possiamo fare a meno.
Evviva l’autarchia.

Buona estate libera dai Prof, cari ragazzi.

Favella Stanca

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