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Alphazeds: ossia tutto quello che occorre sapere sulla nascita delle parole, dalla A alla Z

Il mercante delle pulci è tornato per parlarci di un altro libro bello e introvabile
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Bentrovati miei cari lettori! Dove eravamo rimasti? Ma certo, a Milton e Shirley Glaser! Vi dicevo: anni dopo If apples had teeth, la coppia si è cimentata nella realizzazione di Alphazeds, albo più recente ma non meno difficile da trovare nelle librerie. Anche qui l’effetto è surreale: protagoniste sono le ventisei lettere dell’alfabeto che sembrano recitare in una piece teatrale di un unico atto, interamente ambientato in una stanza. Ora ve lo racconto.

La storia è molto originale e colpisce sia per le immagini che per la scrittura: i dialoghi vengono rappresentati dai balloon dei fumetti e sul fondo della pagina un testo presenta quello che sta per accadere. Una dopo l’altra le lettere entrano nella stanza e interagiscono mostrando la personalità che le distingue e che manifestano nell’apparenza, descritta da una parola che è anche il nome che le identifica e che comincia proprio con quella stessa lettera dell’alfabeto: per cui la A, prima lettera a fare il suo ingresso, è Angry (arrabbiata) ed ha un aspetto minaccioso per via di tutte le punte che la ricoprono come fossero gli aculei di un riccio e per la sua tendenza ad urlare contro le altre lettere. La E è Elegant, come fosse vestita di un carattere decorato con cura e pronuncia frasi con tono calmo ed educato: “I dare say, it’s getting a bit crowded” (oserei dire, sta diventando un po’ affollato). La K è Kicking (turbolenta) e cerca di calciare via tutte quante le altre, la G è Giant (gigantesca), la H è Hyperactive (iperattiva), la X è Xenophobe (xenofoba), la B non potrebbe essere più Bashful (timida).

Con l’aumentare delle lettere nella stanza le diverse personalità si scontrano e nasce un caos infernale: lo spazio è poco e in un attimo tutti protestano, alzano la voce e ognuno non si preoccupa d’altro che non sia se stesso. All’improvviso si spegne la luce e nel buio pesto e nel silenzio una voce dice “Let there be light!” (che luce sia!).

Quando il lettore volta la pagina si trova di fronte a una meravigliosa sorpresa: la luce è tornata e quattro delle ventisei lettere dell’alfabeto sono in primo piano, una a fianco all’altra, disposte nell’ordine che compone la parola “WORD”. Le lettere capiscono che stando unite e cooperando possono creare qualcosa di più grande di quel che farebbero da sole, diventando più di una semplice somma di parti ma il significato di una cosa sola. Come fosse una leggenda sulla creazione delle parole, da fine conoscitore della tipografia, Milton Glaser ha saputo illustrare il suo lavoro anche ai più piccoli, giocando con i concetti e le astrazioni, cosa non facile, nel modo più divertente e bizzarro possibile.

Vi è piaciuta questa storia? Ne vorreste sentire un’altra? Pazientate un po’, sarò di ritorno il prossimo mese con un altro libro molto speciale che ho tenuto da parte per sfogliarlo insieme a voi. Au revoir!

L’immagine in copertina è un’illustrazione tratta dal manuale d’istruzioni della macchina da scrivere Olivetti Lettera 22.

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